Nota sui lavori parlamentari settimana dal 7 all’11 ottobre

By October 11, 2013 Lavoro parlamentare

Premessa

La settimana dal 7 all’11 ottobre la Camera ha licenziato il Dl sicurezza e ha proseguito la discussione sul disegno di legge sul Finanziamento pubblico ai partiti mentre nelle commissioni è proseguito l’esame del  decreto sull’Imu che verrà discusso in Aula nella prossima settimana. Continua a pesare nel lavoro quotidiano sia la fibrillazione acuta dentro le fila del Pdl che ostacola l’avvio delle Commissioni bicamerali (dalla Commissione di Vigilanza sugli Enti previdenziali a quella sull’Infanzia, all’Antimafia) sia l’atteggiamento di delegittimazione continua del Parlamento da parte del M5stelle che interpreta la sua presenza in Aula come quella del Grande “Accusatore” e oscilla tra i gesti eclatanti  e i toni apocalittici e offensivi. Toni e gesti che si amplificano per ricompattare il gruppo “contro” il Parlamento quando nel Movimento si aprono crepe o rotture. Cosi è andata in questi giorni. Dopo la rivolta della rete contro la scomunica di Grillo-Casaleggio dell’emendamento di due senatori “stellati” per l’abrogazione del reato di clandestinità, contemporaneamente si è alzato il tono e sono volate le ingiurie, particolarmente rivolte a Nichi Vendola e a  Sel: tanto per dare le coordinate della collocazione politica del M5stelle.

Decreto legge 93/2013 “Norme sulla sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle provincie”

Si è conclusa la discussione sul Dl sicurezza, comunemente chiamato decreto contro il femminicidio. Abbiamo deciso di non partecipare alla votazione finale perché, per quanto la discussione in Commissione e in aula abbia migliorato il testo grazie anche al nostro impegno, il decreto continua ad essere uno zibaldone di misure in cui il corpo delle donne viene usato per fare da scudo alla militarizzazione della Val Susa o a pene più severe per il furto di rame.

La scelta dei decreti Omnibus è stata più volte stigmatizzata dalla Corte costituzionale e dal Presidente della Repubblica. In questa occasione, per furbizia, sciatteria o per scelta, si è passata la misura. Perchè in aggiunta il governo si è assunto la responsabilità grave di interrompere la strada unitaria che la Camera aveva imboccato dal’inizio della legislatura in tema di violenza contro le donne.

Ecco le criticità che abbiamo espresso sul decreto:

-La Camera  dall’inizio della legislatura, sia per la presenza di molte più donne rispetto al passato che per la sensibilità della Presidente Laura Boldrini, ha dato priorità nei suoi lavori al contrasto della violenza contro le donne. La qualità della discussione parlamentare sulla Convenzione di Istanbul e sulle Mozioni presentate successivamente aveva  creato una forte aspettativa sulla capacità di tradurre gli impegni in scelte concrete. Il decreto 93/2013 mostra tutta la sua insufficienza anche e proprio per le aspettative create nel paese sul tema.

-Il decreto è stato erroneamente e propagandisticamente chiamato decreto contro il femminicidio. In realtà è un decreto Omnibus che soltanto nei primi 5 articoli parla di violenza di genere per poi occuparsi  nei restanti 8 articoli di vari altri temi come l’uso dell’esercito in funzione di ordine pubblico, la militarizzazione dei territori delle grandi opere, il furto di rame, la violenza negli stadi, il commissariamento delle Provincie. Noi abbiamo chiesto la soppressione degli articoli dal n.6  in poi perché la violenza contro le donne non può essere trattata come un problema di ordine pubblico, né come un problema di ordine pubblico tra gli altri, né come locomotiva a cui attaccare il vagone di altri decreti complicati (Tav,Val Susa)

-È chiaro che l’approccio di questo decreto (nonostante venga citata la convenzione di Istanbul) ha poco a che fare con un ragionamento serio e profondo sulle radici della violenza. Se è vero infatti che la violenza contro le donne nasce nelle relazioni fra uomo e donna e in particolare nella difficoltà da parte degli uomini a rapportarsi con l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne, per combatterla è necessario agire sul piano culturale, sociale e politico, non certo su quello repressivo e di ordine pubblico, che può avere solo funzione sussidiaria.  Pensiamo anzi che l’idea di “messa in sicurezza” delle donne  -insita nella ratio del decreto – offenda la libertà femminile e rappresenti un passo indietro. E’ per questo che abbiamo presentato già dalla fine di luglio  la proposta di legge “Sull’educazione sentimentale”, perché si deve partire dalla scuola e dall’educazione.

-Abbiamo chiesto e ottenuto che fossero audite sul decreto Associazioni e parti sociali. Dalle audizioni è emersa una forte e trasversale critica al decreto da tutti i punti di vista: sia dal punto di vista della appropriatezza delle modifiche del Codice Penale (anonimato della denuncia ecc…) che della  sua  efficacia nel contrasto della violenza.

-Nel decreto all’art.5 si parla di un Piano contro la violenza. Inizialmente il decreto non ne  prevedeva il finanziamento e non prevedeva il coinvolgimento elle associazioni e dei Cav nella sua predisposizione. Dalla discussione parlamentare il decreto esce con passi avanti: dal coinvolgimento dei Centri AV ad un piccolo finanziamento di 37 milioni i 3 anni . Noi ne avevamo trovati 105 di milioni attraverso l’aumento dall’1% al 5% del canone dovuto dalle televisioni e radio per l’uso dello spazio di trasmissione.

– Le norme presenti nel decreto erano per la maggior parte già presenti in legislazioni precedenti.

– Nonostante l’approccio scelto dal decreto sia stato quello emergenziale e di ordine pubblico (aggravanti per i reati,ecc…)e di rafforzamento  del ruolo delle forze dell’ordine e dei giudici nel contrasto alla violenza, non è presente nel testo l’unica cosa che poteva essere utile in tal senso, e cioè la formazione di questi soggetti ad affrontare il tema, spesso totalmente impreparati.

-Si è sviluppato  un ampio dibattito sull’irrevocabilità della querela in caso di reati di stalking (art.1) Ecco un articolo che riassume il mio parere sul tema. Sono stati respinti emendamenti che richiedevano di eliminare l’irrevocabilità. E’ invece passata la mediazione raggiunta in commissione, che ha nostro parere non risponde per nulla alle critiche venute da più parti: si subordina l’irrevocabilità alla gravità del reato.

Sono intervenuti in discussione generale Celeste Costantino, Marisa Nicchi, Annalisa Pannarale, Lara Ricciatti. La dichiarazione di voto è stata fatta da Titti Di Salvo.

Finanziamento pubblico ai partiti

Continuerà la prossima settimana la discussione sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Per questo gli interventi del gruppo saranno pubblicati nella prossima Nota. Ma ci sembra comunque utile fare il punto sulla nostra posizione sull’argomento.

In primo luogo

Siamo contrari al Ddl del Governo che abolisce del tutto il finanziamento pubblico: gli unici Paesi dove non esiste alcun finanziamento statale, a parte la Svizzera, sono regimi dittatoriali o non democratici, dall’Iran all’Afghanistan. Azzerare i fondi statali rischia di trasformare i partiti «da organizzazioni di cittadini a centri di interesse privato». Tagliare i fondi pubblici significa appaltare alle lobbies il sostegno ai partiti e, in assenza di una legge che regolamenti il lobbismo, questo è tanto più pericoloso.

In secondo luogo

E’ del tutto evidente che legare il finanziamento ai partiti al meccanismo del 2×1000 della dichiarazione dei redditi (questa è la previsione del disegno di legge in discussione) è iniquo: infatti la dichiarazione di un professionista o di un imprenditore sarà di molto superiore a quello di un lavoratore dipendente. Insomma un sistema basato sul censo e non sul consenso, come prevede l’attuale sistema in cui  la ripartizione è proporzionale ai voti ottenuti.

In terzo luogo

E’ incomprensibile che le donazioni ai partiti delle aziende godano di facilitazioni fiscali maggiori rispetto ai singoli cittadini. La detrazione fiscale prevista per i versamenti volontari è infatti sempre del 26%, però il tetto per i cittadini é pari a 10mila euro mentre per le società è 100mila, quindi queste possono recuperare molto di più.

Ovviamente abbiamo presentato vari emendamenti, in particolare:

 -emendamento (respinto) per impedire ai condannati per reati di frode fiscale e corruzione di finanziare i partiti per la durata della pena e per l’anno successivo

-emendamento (approvato) sulla trasparenza che obbliga la pubblicazione dei soggetti che donano più di 5000 euro a un partito

-emendamenti diversi per la disciplina delle Fondazioni politiche, che in Italia possono ottenere finanziamenti anche da società partecipate

-emendamenti  sulla trasparenza delle erogazioni liberali.

Infine

Avevamo presentato una nostra proposta di legge, primo firmatario Boccadutri, «migliorativa», nel solco della normativa vigente, che interveniva su due punti: rendere più precisa la rendicontazione delle spese elettorali rimborsabili , definire un limite nell’uso di denaro contante a 250 euro, obbligare a ricevute per qualunque flusso, erogare contributi pubblici solo alle liste che abbiano superato il 2 percento dei voti validi, a partiti e movimenti con statuti registrati, congressi triennali e organi di garanzia e controllo contabile  e introdurre limiti più precisi per le donazioni di società private.

Nella discussione generale è intervenuto Sergio Boccadutri (intervento già pubblicato nella nota precedente).

Question Time

Il question time questa settimana è stato fatto da Michele Piras su “Chiarimenti in relazione ad un documento del Dipartimento della difesa degli Stati Uniti relativo all’acquisizione da parte dell’Italia di aerei F-35”

Commemorazione del disastro del Vajont 

Si è svolta in aula la commemorazione del cinquantesimo anniversario del disastro del Vajont. E’ intervenuta per il gruppo Serena Pellegrino.

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