Nota sui lavori parlamentari settimana dal 20 al 24 Febbraio

By February 25, 2017 Lavoro parlamentare

Premessa
Questa settimana è stato approvato il disegno di legge così detto “mille proroghe” e una mozione per agevolare il trasferimento di detenuti stranieri nei Paesi d’origine, più avanti il dettaglio.

La settimana politica è stata segnata da una buona notizia: la Regione Lazio ha deciso di assumere dei medici dichiaratamente non obiettori tramite un bando pubblico, e già altre regioni si stanno muovendo per replicare l’iniziativa.
L’approvazione della legge 194 ha segnato un grande passo avanti di civiltà per il nostro Paese grazie all’incontro tra culture diverse e alla determinazione con cui le donne l’hanno voluta.
Non il diritto all’aborto ma il diritto a una maternità consapevole possibile solo con l’equilibrio tra il diritto delle donne a tutelare la propria salute, sottrarsi agli aborti clandestini, scegliere liberamente se diventare madri, il sostegno pubblico alla maternità e il diritto di scelta da parte dei medici di non praticare l’aborto, e quindi la possibilità di esercitare l’obiezione di coscienza.
A 50 anni dalla sua approvazione la 194 è ancora una buona legge, ma la realtà è andata in una direzione diversa da quella immaginata. Non si può garantire il diritto alla maternità consapevole e quindi anche all’interruzione di gravidanza se non ci sono medici disponibili a praticarla. E questa è purtroppo la realtà con cui le donne devono scontrarsi soprattutto in alcune delle regioni italiane: in alcune zone del Paese, fra cui anche la regione Lazio, l’obiezione di coscienza riguarda l’80% dei medici. Spesso viene praticata da medici sulla soglia della pensione, una volta andati via, scompare il diritto.

Ed è noto il sostanziale ostracismo, in alcune strutture ospedaliere, nei confronti dei/delle giovani medici che praticano l’interruzione di gravidanza.
Il bando indetto dalla Regione Lazio per assumere medici non obiettori risponde a un bisogno impellente: ripristinare un diritto negato.
Al di là delle polemiche sulla conformità del concorso alla legge, la questione in discussione non riguarda la forma ma la sostanza: la libera scelta del medico deve essere garantita insieme, e non contro, la libera scelta delle donne. Questo vuol dire applicare la 194.

Disegno di legge: S. 2630 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l’esercizio di deleghe legislative (A.C. 4304)

Il 23 febbraio 2017, la Camera ha convertito definitivamente in legge il decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante “Proroga e definizione di termini. Proroga del termine per l’esercizio di deleghe legislative”, comunemente conosciuto come “Decreto Milleproroghe”. La prassi dell’adozione dei cosiddetti decreti «milleproroghe» ha le sue origini a metà degli anni Novanta, e tutte le forze politiche che sono state forza di governo vi hanno fatto ricorso. È di tutta evidenza infatti che si ricorra a questo strumento vista la straordinaria necessità ed urgenza di intervenire a fronte della scadenza ravvicinata di una serie di termini previsti dalla legislazione vigente. Volendo citare solo alcune tra le più rilevanti disposizioni che necessitavano di essere prorogate vi sono, ad esempio: la proroga dell’indennità di disoccupazione per i co.co.co. scaduta a fine dicembre; la proroga delle graduatorie dei concorsi pubblici; alcune norme antiterrorismo; la proroga di una serie di misure a favore delle aree colpite dal terremoto, come la sospensione delle rate dei mutui e quella per il pagamento delle imposte sui redditi da fabbricati, la stabilizzazione dei precari dell’Istat, dell’Istituto superiore di sanità e dell’Antitrust, l’assunzione di 887 agenti della polizia penitenziaria, le misure in favore dei pensionati e le norme antievasione. Qui di seguito, senza pretesa di poter restituire in modo del tutto esaustivo la ricchezza del provvedimento, le principali misure – sinteticamente elencate – che avranno un immediato impatto sulla vita dei cittadini italiani e sull’attività delle imprese del Paese. Approfondisci qui

Mozioni Bergamini ed altri n. 1-01249, Colletti ed altri n. 1-00239, Palese ed altri n. 1-01513, Marotta e Bosco n. 1-01515, Mattiello, Dambruoso ed altri n. 1-01516, Andrea Maestri ed altri n. 1-01517, Vezzali ed altri n. 1-01518, Molteni ed altri n. 1-01519 e Rampelli ed altri n. 1-01520 concernenti iniziative volte ad agevolare il trasferimento di detenuti stranieri nei Paesi d’origine

L’oggetto di questa mozione riguarda la procedura del trasferimento delle persone straniere condannate, in base alla quale un condannato che sta già scontando la pena in un Paese viene trasferito in altro, quello d’origine, per proseguire e terminare l’esecuzione della pena. Questa procedura opera su un piano diverso rispetto all’estradizione e agli altri strumenti di cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale: persegue, infatti, finalità prevalentemente di carattere umanitario, nel senso che mira a favorire, in determinati casi, il reinserimento sociale delle persone condannate, avvicinandole al Paese d’origine, in modo da superare tutte quelle difficoltà che, su un piano personale, sociale e culturale, oltreché per l’assenza di contatti con i familiari, possono derivare dall’esecuzione della pena in un Paese straniero. Il principale accordo internazionale per attuare il trasferimento delle persone condannate è rappresentato dalla Convenzione del Consiglio d’Europa firmata a Strasburgo il 21 marzo 1983. Per mezzo di tale accordo si realizza lo scopo sostanziale della pena, ossia il reinserimento sociale della persona condannata, obiettivo quest’ultimo di più agevole realizzazione in un contesto in cui la persona condannata sia presumibilmente assistita da più saldi legami sociali e familiari, evitandosi con ciò quella «pena nella pena» costituita dalle difficoltà di ambientamento, di comunicazione e socializzazione che incontra colui che sia detenuto fuori dal proprio Paese di origine. Nella prospettiva del reinserimento, non può che risultare giustificata la necessità del consenso della persona interessata, dalla quale, nella maggior parte dei casi, parte l’impulso che mette in moto la procedura, diversamente da quanto avviene generalmente nelle procedure estradizionali o di consegna, che prescindono dal consenso dell’interessato.

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